Sea Watch 3: i risvolti e i dettagli del caso

Saranno trascorsi ormai 15 giorni da quando la nave Sea Watch si è trovata costretta a restare in condizioni pessime a largo di Lampedusa, con 42 migranti fra cui 3 minori, ma solo ieri, 26 giugno 2019, c’è stato un risvolto inaspettato.

La nave infatti è entrata in acque italiane facendo rotta verso Lampedusa, sfidando così la legge. La motovedetta della Finanza ha poi intimato l’alt alla Sea Watch a circa 12 miglia dalla costa, ma l’imbarcazione non si è fermata ed è rimasta davanti al porto di Lampedusa promettendo di attraccare dopo le 20.30.

Il molo commerciale, date le dimensioni dell’imbarcazione, risulta l’unico approdo possibile. Per il momento però la promessa dell’attracco sembra essere fallita poiché non ci sarebbe l’autorizzazione allo sbarco da parte dell’autorità di pubblica sicurezza.

Che cos’è la Sea Watch

La Sea Watch è un’organizzazione non governativa (ONG) Tedesca, senza scopo di lucro, fondata a Berlino nel 2014. Ha come scopo l’attività di ricerca e salvataggio nel mar Mediterraneo. Non è la prima volta che quest’organizzazione umanitaria entra in conflitto con l’Italia e che le sue navi vengono respinte da uno Stato all’altro.

Quali sono i motivi di questa decisione ‘fuorilegge’?

“Ho deciso di entrare in porto a Lampedusa. So cosa rischio ma i 42 naufraghi a bordo sono allo stremo. Li porto in salvo”, ha affermato la comandante della Sea Watch, Carola Rackete.

L’Ong poi, tenendo in considerazione i 15 giorni ormai trascorsi, ha aggiunto “Nessuna soluzione politica e giuridica è stata possibile, l’Europa ci ha abbandonati. La nostra Comandante non ha scelta”. 

(Immagine di twitter.it)

Cosa prevede la legge e cosa comporta violarla

Il decreto Sicurezza bis è stato approvato l’11 giugno 2019 ed è entrato in vigore il 15 dello stesso mese con la firma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il decreto è strutturato in 18 articoli: i primi cinque riguardano il soccorso in mare.

L’articolo 1 stabilisce che il Ministro dell’Interno (in questo caso Salvini) “può limitare o vietare l’ingresso, il transito o la sosta di navi nel mare territoriale” per ragioni di ordine e sicurezza.

Mentre nell’articolo 2 è prevista una sanzione che va da un minimo di diecimila euro a un massimo di cinquantamila euro per il comandante, l’armatore e il proprietario della nave “in caso di violazione del divieto di ingresso, transito o sosta in acque territoriali italiane”. Come sanzione aggiuntiva è previsto anche il sequestro della nave stessa.

(Immagine di wired.it)

La risposta di Salvini

A rispondere sull’odissea della Sea Watch è stato il vicepremier Matteo Salvini che, riferendosi alla comandante Carola Rackete ha replicato: “Sappia che l’autorizzazione allo sbarco non c’è, schiero la forza pubblica, il diritto alla difesa dei nostri confini è sacro”.

Ha mostrato poi il suo disappunto verso l’Europa, in particolare verso la Germania (luogo in cui è stata fondata l’Ong e luogo di provenienza della compagnia Sea Watch 3) e verso il governo di Amsterdam, dato che la nave batte bandiera olandese.

“Il governo olandese non può far finta di nulla: una nave battente bandiera dei Paesi Bassi ha ignorato i divieti e gli altolà e sta facendo rotta a Lampedusa. È una provocazione e un atto ostile”.

“Se in Europa esiste qualcuno ora lo dimostri, se c’è governo ad Amsterdam con un po’ di dignità lo dimostri”. “L’Europa? Assente, come sempre”. “Io non do autorizzazione allo sbarco a nessuno, non la do e non la darò mai, nessuno pensi di poter fare i porci comodi suoi sfruttando decine di disgraziati e fregandosene delle leggi di uno Stato. I governi di Olanda e Germania ne risponderanno, sono stufo”.

(Immagine di albanianews.com)

Come si sta muovendo l’Ong Sea Watch

Intanto l’Ong tedesca ha dato il via ad una raccolta fondi per l’assistenza legale di Sea Watch per aiutare Carola a difendere i diritti umani, scrivendo poi su Twitter: “Se il nostro capitano Carola porta i migranti salvati dalla Sea Watch 3 in un porto sicuro, come previsto dalla legge del mare, affronta pene severe in Italia”.

                                                                                          A cura di Laura Imperato

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