Mantenere il cellulare carico o meno potrebbe rivelare chi siamo

Ormai l’icona che indica la percentuale rimanente di autonomia della batteria sui nostri cellulari è diventato il metro di misura del nostro tempo e del nostro spazio.

Proprio tenendo conto di tale fenomeno, uno studio della Cass Business School di Londra ha rivelato che mantenere sempre il cellulare carico oppure lasciarlo frequentemente scarico, potrebbe dire a noi stessi e agli altri chi siamo.

(Immagine di notizie.it)

Lo studio

Lo studio è stato fatto sui pendolari di Londra, i quali interpretavano il loro tragitto giornaliero in funzione del tempo e della distanza fra i luoghi che gli avrebbero permesso di ricaricare il proprio cellulare.

Inoltre i partecipanti hanno riferito durante i colloqui che una carica completa della batteria avrebbe provocato in loro benessere e sicurezza di poter andare ovunque.

Viceversa, meno della metà della batteria avrebbe suscitato emozioni di profonda ansia e disagio.

(Immagine di chiccheinformatiche.com)

Dimmi quanta batteria consumi e ti dirò chi sei

Principalmente ciò che ne è emerso dallo studio è che la batteria del cellulare influenza l’attività giornaliera delle persone e che questa dipendenza determina il giudizio degli altri in base alla loro gestione della batteria.

Fra i partecipanti, chi monitorava la carica di batteria facendo in modo di mantenere un buon livello di carica si è autodefinito “maniaco del controllo”, “programmatore”, “ossessivo-compulsivo”.

Chi invece lascia regolarmente che la propria batteria si scarichi è stato definito dai partecipanti “dannatamente frustrante”, “disorganizzato”, “sconsiderato”. Insomma, questo tipo di persone vengono viste dagli altri come sfasate rispetto alla norma sociale di restare connessi e perciò incapaci di essere membri competenti della società.

Questa condizione sembrerebbe assurda, quasi paradossale, invece è una triste realtà: effettivamente oggi ciò che ci lega ai nostri cellulari è talmente forte che l’incapacità di gestire efficacemente la carica della propria batteria si traduce poi in incapacità di gestire la propria vita.

Per questo motivo non bisogna sorprendersi se oggi la ricarica della batteria influenza l’attività giornaliera delle persone a partire dal fare in modo di poter ricaricare il telefono vicino al letto fino a decidere dove andare a fare spese in funzione della possibilità di attaccare il caricabatterie.

(Immagine di fattidigreen.it)

Dentro lo studio

La necessità di sentirsi sempre connessi e in contatto con gli altri tramite il cellulare diventa così un’ossessione, una dipendenza patologica che fa andare in ansia se la batteria si scarica o se non è possibile connettersi a Internet.

D’altronde in un mondo così connesso risulta quasi difficile se non impossibile restare almeno per un po’ offline senza sentirsi meno “sul pezzo” rispetto agli altri, soprattutto se si è giovani e si teme il confronto.

Lo smartphone non è solo uno strumento, ma è la porta di accesso alle nostre relazioni sociali online, la nostra bussola per orientarci, la nostra finestra su un mondo ricco di notizie ed è per questo motivo che oggi assume delle valenze importanti per la nostra quotidianità.

Il rischio che si corre è quello di restare intrappolati e vincolati in uno strumento che, piuttosto che semplificare la nostra vita, potrebbe al contrario danneggiarla.

E restarne schiavi non è poi così difficile. Basta pensare agli effetti provocati sui pendolari esaminati che hanno fatto di una semplice percentuale della batteria un metro di misura spazio-temporale, da cui trarre un giudizio sulle persone che non sentono la necessità di avere il proprio dispositivo carico al 100%.

(Immagine di gentside.it)

Conseguenze

Ma i danni potrebbero essere ben peggiori.

Il cellulare può diventare oggetto di ossessione quando assolve a funzioni di gratificazione, che sostituiscono altre mancanze o bisogni.

Oggi si sente troppo spesso parlare di Nomofobia, la paura incontrollata di rimanere sconnessi dalla rete al punto da sperimentare effetti fisici collaterali simili all’attacco di panico come mancanza di respiro, vertigini, tremori, sudorazione, battito cardiaco accelerato, dolore toracico, nausea. Tale ossessione colpisce la fascia di persone compresa tra i 18 e i 25 anni.

Occorre perciò guardare in faccia la realtà moderandosi e trovando un equilibrio sano per scongiurare di essere schiavi di uno strumento del quale dovremmo esserne i padroni. 

A cura di Laura Imperato

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