ITALIA – EGITTO

No, non si tratta di una partita di calcio, ma di una competizione ben più serrata, uno scontro aperto per la tutela dei diritti umani. Ma l’Italia, esattamente, in che “squadra” sta giocando?

Nel 2013 in Egitto, con un colpo di Stato cruento e sanguinoso, Al Sisi ha preso il potere.

Da allora l’Egitto è governato da un regime di terrore: restrizioni ed imposizioni sono all’ordine del giorno e si è registrato un esponenziale incremento nell’esecuzione di pene capitali.

Soltanto nel mese di ottobre, le condanne a morte eseguite sono state ben cinquanta!

Al Sisi (Fonte immagine: internazionale.it)

L’Egitto vive una situazione drammatica, francamente non diversa (se non in peggio) di quella che viveva con il regime di Mubarak.

Con oltre sessantamila prigionieri politici, è a tutti gli effetti uno dei primi paesi per violazione dei diritti umani.

I paranoici e violenti servizi di intelligence (che di intelligente non hanno proprio nulla) egiziani hanno fatto piazza pulita di oppositori al regime, avvocati, sindacalisti, giornalisti d’inchiesta, omosessuali, intellettuali critici e di…studenti.

Fiaccolata per Giulio Regeni (Fonte immagine: ilmanifesto.it)

Il problema è che nonostante tutto questo avvenga alla luce del sole, sotto il nostro naso e sebbene tantissimi giornalisti si siano sacrificati perdendo la libertà (e spesso la vita) per rivelare gli aspetti più cruenti, osceni e preoccupanti della situazione egiziana, il mondo decida ogni singolo giorno, da sette anni, di chiudere un occhio sulle inaccettabili violazioni dei diritti umani.

Ma perché?

(Fonte immagine: internazionale.it)

L’Egitto che ha sempre contato, tra l’altro, sul sostegno finanziario dell’Arabia Saudita e sul favore dell’amministrazione Trump, gode delle simpatie di tutta Europa e l’Italia per prima è impegnata in una serena e duratura relazione sorretta dagli equilibri economici e geopolitici che la lega a Il Cairo.

Giulio Regeni (Fonte immagine: africa-express.info)

IL CASO GIULIO REGENI

Nel 2016, però, l’Egitto ha pestato i piedi al nostro Paese. L’ha, come si suol dire, fatta fuori dal vaso e noi, mi duole tanto dirlo, siamo stati a guardare e quello che avrebbe dovuto essere uno strappo impossibile da rimarginare, è diventato una delle più grandi vergogne italiane, un’imperdonabile diniego di giustizia.

E’ stato versato il sangue di un giovane colpevole soltanto del fatto di essere un ricercatore dalla profonda sensibilità e dall’acuta intelligenza e di aver scelto un argomento per le sue ricerche che proprio non è piaciuto allo stato egiziano, sicuro com’era che quel ragazzo di Fiumicello (UD) fosse in Egitto per fomentare una rivolta, per sovvertire quello schifo (concedetemi la licenza prosaica) che chiamano ordine costituito.

E così hanno rapito, torturato, seviziato e brutalmente ucciso Giulio Regeni sino a renderlo irriconoscibile persino ai suoi affetti più cari, persino alla donna che lo ha messo al mondo.

Come se non bastasse, ha provveduto ad imbastire una ridicola messa in scena, una vera e propria offesa allo Stato italiano, alla famiglia di Giulio e a tutti noi attraverso un depistaggio che è anche costato la vita a cinque “agnelli sacrificali” individuati dai servizi segreti egiziani come i responsabili dell’omicidio di Giulio a seguito di un banale furto finito male.

Quasi cinque anni dopo chiediamo ancora verità, chiediamo ancora giustizia e lo chiediamo invano!

Perché l’Egitto intende archiviare l’inchiesta per la morte di Giulio Regeni e respinge ogni nostro tentativo di accogliere ed ufficializzare la sola verità possibile e comprovata: Giulio Regeni è stato sequestrato, torturato ed ucciso da cinque uomini dell’intelligence egiziana, uomini molto vicini ad Al Sisi, assassini addestrati per lavare nel sangue le paranoie del presidente egiziano e ogni sospetta minaccia al suo regime.

Patrick George Zaki (Fonte imagine: open.online.it)

IL CASO PATRICK GEORGE ZAKI

Come se tutto ciò non bastasse, dal 7 febbraio scorso, nelle prigioni de Il Cairo è detenuto, in condizioni disumane, il giovane studente Patrick George Zaki con l’accusa di propaganda sovversiva (imbastita con prove confezionate ad hoc).

Patrick è un cittadino egiziano che conosce bene il nostro paese perché è stato in Erasmus a Bologna e che ogni giorno che passa, ogni giorno in cui è costretto a dormire sul pavimento, ad essere sottoposto all’elettroshock, ad essere esposto alla possibilità di contrarre il covid e chissà quali altri virus, date le pessime condizioni igieniche delle carceri egiziane, perde un po’ se stesso, perde un frammento di vita.

Non possiamo tacere.

E non soltanto perché la morte di Giulio e l’arresto di Patrick hanno scosso l’Italia intera e l’hanno interessata in maniera tanto diretta, ma perché come esseri umani prima e come Paese civile in aggiunta, non possiamo tollerare l’esistenza di un tale regime del terrore e tantomeno possiamo accettare di mantenere alcun tipo di rapporto con il suddetto regime.

(Fonte immagine: nena-news.it)

E allora diciamo le cose come stanno!

I RAPPORTI DI FORZA EGIZIANI

La verità ve la racconto io e lo faccio per tutti i Giulio, tutti i Patrick e tutte le vittime del regime di Al Sisi: il business delle armi, per l’Italia come per tutti gli altri paesi europei, vale di più di qualsiasi vita umana.

Parliamo di un giro d’affari di miliardi di euro incassati e sborsati sulla pelle di milioni di ignari cittadini!

Giuseppe Conte con Al Sisi (Fonte immagine: affariitaliani.it)

L’Egitto gode di una posizione strategica e troppo utile perché si possano prendere in considerazione i più di sessantamila prigionieri attualmente detenuti per reati d’opinione e non è mica importante finanziare sostanzialmente la sistematica repressione del dissenso pacifico o meglio, il completo annullamento dei basilari diritti inviolabili, purché la partnership economica resti solida!

L’Italia ripudia la guerra e vende armi al terzo maggior importatore di armi al mondo! La Costituzione Italiana sancisce con forza la repulsione del nostro Paese per la guerra e, allo stesso tempo, non basta a fermare la fornitura militare in favore dell’Egitto, attualmente impegnato in ben TRE conflitti (Libia, Yemen e forze ribelli del Sinai).

Ah beh, la guerra non la facciamo, a noi fa schifo, però prego voi fate pure, anzi perché non acquistate direttamente una delle nostre fregate? Tanto chissenefrega. Non accade mica in casa nostra.

TANTO NON SUCCEDE MICA A NOI.

E perché mai l’Italia dovrebbe fare affari con l’Egitto, non sarà tutta questione di denari e in effetti, c’è tutto un ulteriore sottobosco di interessi che passano attraverso ambiziosi e redditizi progetti energetici nei quali l’Italia è riuscita ad essere coinvolta solo grazie all’influenza egiziana.

Come inimicarsi un “amico” tanto speciale? Che violi pure tutte le norme umanitarie internazionali! Che ci pensi il resto del mondo a bacchettarlo!

Al Sisi con Emmanuel Macron (Fonte immagine: globalist.it)

Peccato che invece no, neanche loro hanno le (s)palle abbastanza grandi da reggere una simile esemplare e doverosa decisione.

Luana Fusco

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